giovedì 20 marzo 2014

Il «porzionometro», guida pratica alle porzioni da mettere nel piatto »

Quanto pollo posso mangiare? Un palmo. 
Uno studio ha dimostrato che la maggioranza di noi sovrastima le razioni ideali di Elena Meli


Avremmo tutti bisogno di un «porzionometro», una guida per capire quanto grandi possono essere le quantità di cibo che mettiamo nel piatto, perché spesso non riusciamo a giudicare bene. Un’indagine recente dello United States Department of Agricolture ha confermato che la maggioranza di noi si inganna, di solito sovrastimando le proprie porzioni di frutta, latticini e carne rispetto a quelle reali e ritenendo, al contrario, di mangiare meno dolci e grassi di quelli davvero consumati.
Secondo gli esperti americani il problema dipende dalla scarsa conoscenza delle caratteristiche che dovrebbe avere una razione di formaggio, di condimento, di carne. Per questo Shape Up America , organizzazione che da vent’anni cerca di educare all’alimentazione, ha messo a punto un «porzionometro» di facile interpretazione: è molto più semplice portare in tavola la porzione di formaggio giusta se, ad esempio, si sa che corrisponde grosso modo al proprio dito indice; sarà più facile non sbagliare con i condimenti se sappiamo che il cucchiaino di burro che potremmo concederci coincide più o meno alla punta di un dito.

Le prorzioni

«Anche gli italiani spesso non fanno attenzione alle porzioni e non conoscono le corrette quantità di cibo per ciascun tipo di alimento - commenta Giovanna Cecchetto, presidente dell’Associazione Nazionale Dietisti (Andid) -. Tuttavia le razioni che mettiamo nel piatto devono essere considerate con una certa flessibilità, nell’ambito dell’alimentazione complessiva giornaliera e settimanale. Bisogna cioè valutare il proprio fabbisogno di nutrienti in un’ottica globale: se amiamo la pasta e ce ne serviamo una dose abbondante, poi basta limitare la quantità di cibi con gli stessi nutrienti, come il pane. Alla fine della giornata dovremmo aver consumato tre porzioni di carboidrati complessi: se per il proprio gusto o le situazioni e i contesti in cui ci si viene a trovare queste arrivano soprattutto da una pietanza non è un male, a patto di restare entro il fabbisogno complessivo quotidiano».

Strappo alla regola

Uno strappo alla regola quindi è concesso: secondo l’esperta basta sapere quante sono le porzioni giornaliere raccomandate per ogni nutriente, attenendosi a quelle, per limitare automaticamente le quantità di cibo. Oltre alle 3 porzioni di carboidrati complessi bisogna assicurarsene 5 di frutta e verdura, 1 o 2 di proteine animali, 2 o 3 di grassi da condimento; naturalmente però occorre sapere che con una quota di proteine non si intende una bistecca intera, ed è proprio a questo che servono le tabelle intuitive proposte dagli americani. «Oltre che sul bilanciamento delle dosi di alimenti di una stessa categoria nutrizionale, per rientrare nei fabbisogni ideali si può modificare anche la frequenza di consumo - sottolinea Cecchetto -. Se un dito di formaggio non ci soddisfa possiamo mangiarne una quantità maggiore, per toglierci la voglia: basterà poi, per pareggiare il conto, non portarlo ancora in tavola nel resto della settimana. Questo anche perché non bisognerebbe mai cadere nella “dipendenza da grammi” che spinge molti a pesare tutti i cibi rendendo ogni pasto un incubo: dovremmo recuperare la capacità di ascoltare il nostro corpo, che è in grado di dirci quando siamo sazi o di quali nutrienti abbiamo bisogno. In questo modo riusciremmo spontaneamente a controllare le porzioni, mantenendoci nel giusto equilibrio».
Fonte:Corriere.it

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